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Trasformare il veleno in medicina o autosomministrarci una medicina che è peggiore del veleno?

Trasformare il veleno in medicina o autosomministrarci una medicina che è peggiore del veleno?

di Egon Botteghi per intersexioni

Delle amiche organizzano un convegno, all’Università di Verona, sul percorso medico-psicologico delle persone trans.

Siamo nell’Ottobre del 2012. Qualche giorno prima mi chiamano: chiedono rinforzi, perché sono previste contestazioni contro il convegno da parte di forze di destra e di integralisti cattolici.

Io e la mia compagna partiamo per Verona, ed assieme alle compagne del collettivo Anarco-veg-femminista Anguane ci mettiamo a disposizione per seguire la situazione.

E’ così che, fuori dall’Università della città scaligera, mi ritrovo per la prima volta di fronte a sigle che sembrano uscire direttamente dal medioevo o da un film fantasy, come ‘Christus Rex’.

Altre sigle invece, presenti quella mattina a protestare contro di noi, le conoscevo bene, come Lotta Studentesca, di fronte alla quale una mia compagna di collettivo tira fuori una bandiera antifascista.

La polizia si avvicina e le intima di mettere via il vessillo, per non creare disordini.

Quindi questo – a dir la verità non molto nutrito – gruppetto di persone militanti di destra e di Cristo possono piazzarsi davanti ad una università distribuendo volantini transfobici, ma una persona trans non può dichiarare di essere antifascista mostrando una piccola bandiera.

Strano…

Comunque riparto da Verona con la consapevolezza che ci sono degli sparuti gruppi di cattolici integralisti veramente fuori di testa, dal tempo e dalla realtà.

Torneremo, io e la mia compagna, nella stessa città due anni dopo, per avervi organizzato, sempre con il collettivo Anguane ed il circolo Pink più altre realtà LGBTI* ed animaliste1, una giornata di studio e lotta politica, “Liberazione Generale due”, sulle connessioni tra patriarcato, sessismo, omotransfobia e specismo.

Scegliemmo consapevolmente la città di Verona per dare e darci un messaggio politico forte, visto gli avvenimenti che si stavano susseguendo in quel territorio, di un clima di repressione verso diverse categorie di persone (omosessuali, transessuali, stranieri, homeless, animali “nocivi”).

Per due volte, fuori dalla ex-chiesa dove si svolgevano i lavori di discussione, passò la polizia per “proteggerci” da eventuali contestazioni dei soliti gruppi fascio-cattolici.

L’esperienza per me, che vengo da una città “rossa”, era straniante, e mi ricordava come i “finocchi” non fossero i ben venuti ed i comunisti neanche.

Non è quindi un caso che una delle realtà che prenderò come esempio sulle possibili risposte date al  movimento “No-Gender”, la comitata Giordana Bruna, nasca a Verona, e come questa abbia un forte connotato politico che ha tenuto lontano dalla adesione tante associazioni lgbtqi.

Un’altra occasione in cui questi paranoici religiosi, che vedono il diavolo (beati loro) dietro ogni angolo, hanno fatto incursione nella mia vita, altrimenti trascorsa lontana da questi parossismi cristiani, è stata quando una mia video intervista2 è finita su di una pagina Facebook di questi tizi: “No ai matrimoni gay”.

Sotto alla mia intervista commenti deliranti, dove io ero visto come il diavolo in persona (beato me), e dove si facevano illazioni su mie presunte pratiche infamanti.

Mi sono sentito “toccato” (altro che Noli me tangere), ferito, vulnerabile, sporcato e triste, molto triste.

Ho condiviso questa brutta sensazione nei gruppi lgbtqi di cui facevo parte, e la stanchezza di fare attivismo che ne è seguita per un breve periodo.

La pagina FB è stata chiusa e riaperta: le persone trans possono venire offese.

Nonostante quindi abbia vissuto anche da vicino la nascita del movimento “no-gender” e della conseguente invettiva contro le persone lgbtqi, per lungo tempo ho pensato che non fosse il caso di dargli troppa importanza, e vivevo con asfissia il fatto di ritrovarmi a parlare sempre di questo argomento ad ogni riunione lgbtqi, negli ultimi tre anni. Sempre ed inevitabilmente.

E la questione era sempre: se e come rispondere.

Il movimento lgbtqi ha prodotto molte risposte in questi anni di revenge cattolico-conservatrice, e per qualcun* questo movimento è stato anche lasciato solo a rispondere3, nonostante l’aperta antidemocraticità delle rivendicazioni di questi patiti del Signore.

Siccome sono stato coinvolto nella creazione e  nella richiesta  di promozione  di alcune di queste risposte possibili, mi piacerebbe farne una analisi ed una narrazione, metterle a confronto, perché molto ci possono dire sullo stato attuale del movimento lgbtqi.

Quel che rispondiamo è il riflesso di quello che siamo e di quello che vogliamo. E’ un gioco di specchi riflessi che questi ferventi religiosi hanno messo davanti ad uno dei movimenti di liberazione più importanti della modernità.

LA RISPOSTA PSI

I rapporti tra l’insieme delle discipline “psi*” (psichiatria, psicologia, e derivati) e la questione omosessuale e transessuale sono alquanto complessi, stratificati, intrecciati, ambigui: la bivalenza regna sovrana.

Da una parte abbiamo un canone di discipline che sembrano nate apposta per normare l’attività sessuale umana e stilare un elenco di perversioni e deviazioni da sventolare come spauracchio al posto del peccato, ormai un po’ demodè in molta cultura occidentale, e dall’altra abbiamo un movimento di liberazione che nasce contestando questi saperi e finisce invece per appellarvici in cerca di legittimazione.

Sarà che scontiamo proprio l’origine medico-psichiatrica delle nostre identità di omosessuali e transessuali.

Mi domando che percorso abbia fatto il movimento omosessuale italiano per passare da quel 5 Aprile del 1972, che quasi in un atto costitutivo inscena con il F.U.O.R.I ! (Fronte Unitario Omosessuale Italiano) la storica protesta al convegno di sessuologia a Sanremo, al giorno d’oggi, dove le associazioni lgbtqi non si muovono senza il codazzo di psicologi a cui chiedono presenza e legittimazione ad esistere.

Guardando a questa situazione mi viene in mente la seconda favola di Esopo (Ranae regem petierunt) in cui le rane che vivono libere nello stagno, pretendono invece di avere anche loro un re per non essere diverse dagli altri, e sentendosi offese per la trave mandata da Zeus, reclamano a gran voce un altro re ed alla fine si trovano con un re-serpente che le divora.

Bene, quando mi è stato chiesto, all’inizio di quest’anno, di partecipare, a nome di una associazione lgbtqi di cui facevo parte, ad una iniziativa di presentazione della guida “Il ‘Genere’: una guida orientativa, mi sono sentito una rana dello stagno.

La guida è stata scritta da due psicologi ed uno psichiatra, in collaborazione con SIPSIS (Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali)4 e nasce proprio con la volontà di dare uno strumento di risposta al movimento “No-gender”.

Per questo, per tutto il 2015, è stata ampiamente divulgata nelle mailing list delle associazioni lgbtqi alcune delle quali hanno organizzato queste giornate di presentazione con gli autori.

Ma quante persone delle associazioni lgbtqi che hanno abbracciato questa guida l’hanno veramente letta e, se l’hanno fatto, cosa vi hanno letto?

Io l’ho letta, l’ho letta con il mio vissuto di persona trans e l’ho trovata, in alcune sue parti, inaccettabile.

Per questo ho declinato l’invito a quella presentazione e ho dichiarato, a quella associazione lgbtqi, l’impossibilità a rappresentarla in quella occasione.

Ne è nata una breve discussione, in cui io ho messo in evidenza le grosse problematicità che questa guida poteva rappresentare per le persone trans e mi è stato risposto che questo non era il focus, che nella giornata si doveva parlare del contrasto al movimento “no-gender” e che il nemico da combattere erano i conservatori cattolici, non la patologizzazione delle persone trans ancora proposta nella guida.

Quindi ogni mezzo è da considerarsi valido e  come al solito la parte trans del movimento è sacrificabile.

Questo ha fatto dire ad una compagna di intersexioni: “Se questa è la medicina, preferisco il veleno di quelli che questa guida vorrebbe combattere”.

Non è mia intenzione discutere qui punto per punto tutte le parti della guida che ho trovato “problematiche”, una guida che, secondo me, nasce già vecchia e che spesso è contraddittoria, ma ne prenderò degli esempi che possono essere significativi.

Innanzitutto la struttura.

Nei primi tre capitoli, che rappresentano il 75% della guida, ci si muove in un frame completamente binario, si parla solo della possibilità di essere o uomo o donna, o maschi o femmine. Già dalle prime righe, con lo strumento delle definizioni, viene sancita questa unica polarità (il sesso biologico è maschile o femminile e l’identità di genere “sta a significare se una persona si autopercepisce interiormente o uomo o donna”).

Soltanto nelle ultime pagina dell’ultimo capitolo si parla delle persone che escono da questo frame binario, parlando di “persone intersessuate”.

Ma dal momento che tutta la costruzione “no-gender” è basata sulla fallacia di un esistente diviso in maniera binaria tra uomo e donna, tra maschile e femminile, se si fosse provato, per una volta, ad invertire i termini di presentazione e a descrivere per prima l’esistenza delle persone che fanno crollare tutto questo impianto messo a giustificazione dell’omotransfobia, il lavoro sarebbe forse risultato più fruttuoso e ci saremmo risparmiati tre capitoli di definizioni che devono poi essere messi in crisi dall’ultima pagina dell’intera guida.

Diamo voce alla componente I del movimento quando vogliamo scrivere delle guide e forse otterremo quel cambiamento di paradigma che può essere vitale.

La questione Intersex infatti potrebbe rivelarsi la chiave di volta per decostruire l’attacco “no-gender”, perché in grado di contraddire il loro impianto discorsivo5.

Purtroppo però il movimento lgbtqi è molto G, un po’ L, molto poco T e per niente I.

La Q va di moda comunque, e della B è meglio non parlarne, che la maggioranza dei G e delle L pensa ancora che non esista.

Quindi nell’ultimo terzo della guida, nell’ultimo capitolo, vengono buttate dentro tutte queste letterine neglette e si parla della “Galassia Transgender”, che è considerata dagli autori il luogo dove possono essere trovate le  “eccezioni” al binarismo (dagli autori stessi ora definito “compulsivo”) che informa tutto il mondo e la guida stessa.

Ma dal momento che sappiamo, come ci ricorda Michela Balocchi citando Fox Keller, che le eccezioni non nascono per confermare una regola, ma hanno un loro significato proprio6, si poteva appunto sfruttare questo significato sin dall’inizio invece che farne i protagonisti, un po’ sfigati, di questa ultima parte “leggermente” schizofrenica (sembra il colmo per degli psi*) rispetto a tutto quanto fino ad allora scritto.

Però, se si legge bene questo ultimo capitolo, forse ci si accorge che per gli autori queste “eccezioni” non hanno poi tutto questo significato euristico e forse sono ancora considerate dei freak.

Ci si riferisce ancora alle persone transessuali come a persone che riportano la sensazione di “essere nel corpo sbagliato”, di “uomini prigionieri in un corpo femminile” e di “donne prigioniere in un corpo maschile”, dando quindi seguito ad una vecchia immagine, di origine medica e patologica, che ha informato la visione transessuale del secolo scorso, ignorando come le narrazioni delle persone transessuali di oggi cerchino di svincolarsi da questo diktat medico, dalle parole che la psichiatria ha creato per loro.

Visto che il concetto di “omofobia interiorizzata” è di gran moda tra gli psi* e fra molti omosessuali, che a questi si rivolgono per farsi curare questa ennesima “malattia”, chiamerei queste narrazioni coatte “transessualità interiorizzata”, perché è stata la psichiatria a creare questa immagine delle persone transessuali e a farci credere che così dovevamo sentirci e così raccontarci per essere credute.

Ma che per questi autori le persone transessuali siano ancora patologiche, mi sembra chiaro da quanto segue:

In Italia, la legge 164 del 14 Aprile 1982 “riconosce la condizione delle persone transessuali e legittima la loro aspirazione ad appartenere al sesso opposto”. Il fatto che la legge italiana non preveda un sostegno psicologico obbligatorio da inserire nell’iter può in certi casi rappresentare un problema”.

Quindi si sta chiedendo un TSO per una parte del movimento lgbtqi e lo si sta chiedendo in una guida per “difendere” gli omosessuali dai “cattivi” cattolici e si sta promuovendo questa guida da parte di alcune associazioni lgbtqi.

Questo per me è un problema, che mi ha fatto interrogare sul mio attivismo all’interno di questo tipo di movimento.

Ma forse un matrimonio vale ben un TSO, specie se tanto lo chiedi per un altro.

socrates

LA RISPOSTA POLITICA E STORICO-SOCIOLOGICA

Nel Marzo del 2015 nasce la Comitata “Giordana Bruna”7, un collettivo di associazioni e singol* riunitosi per combattere “l’egemonia catto-fascista”. Nel blog in cui la Comitata pubblica materiale ed informazioni, si racconta così:

Siamo un gruppo di persone che da sempre a Verona si battono per l’affermazione dei diritti di cittadinanza, siamo gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, donne femministe e uomini eterosessuali ed eterodissidenti. Vogliamo costruire iniziative e fare contro-informazione, per questo vi chiediamo  di condividere questo percorso a livello locale, regionale e nazionale, in modo da essere più efficaci”.

Purtroppo l’antifascismo esplicitamente dichiarato e la forte militanza politica, evidentemente necessari in un contesto come quello veronese, ha fatto storcere il naso a molte associazione lgbtqi, che hanno risposto negativamente a questa chiamata.

Anche la Giordana Bruna ha prodotto una guida, divisa in tre capitoli scritti da un filosofo, una psicologa, un’antropologa femminista ed un sociologo.

Nella guida si vuole smascherare il discorso “no-gender” rivelandone la genealogia, la composizione politica ed i fini antidemocratici.

la campagna anti-gender non è una campagna di informazione sulla diffusione del concetto di genere nell’ambito istituzionale italiano, ma la propaganda militante di gruppi politicamente e attivamente organizzati. […] I movimenti “no-gender” sono movimenti spinti da una ideologia reazionaria e conservatrice di stampo cattolico con fini politici ben definiti, tra cui il discredito della scuola pubblica ed il il contrasto alle riforme democratiche, che si avvalgono dell’appoggio della gerarchia vaticana e sopratutto, a livello locale, di vescovi e arcivescovi che rivendicano la necessità di una rinascita identitaria del mondo cattolico […]”8

Massimo Prearo, autore di questa parte della guida, fa notare infatti che:

Come sottolineato da diversi lavori accademici internazionali sui contro-movimenti di reazione cattolica, la strumentalizzazione delle teorie e delle politiche sul genere e sulla sessualità interviene in un momento di smobilitazione delle basi dell’attivismo cattolico integralista, generalmente centrato sul contrasto all’aborto ed all’eutanasia. […] La strategia di marketing militante dei movimenti ‘no-gender’ ha permesso e promosso una rinascita dell’attivismo parrocchiale, in risposta all’appello della gerarchia vaticana.”9

La “teoria del gender” è infatti “un’invenzione del Vaticano che mobilita alcuni movimenti conservatori e tradizionalisti contro l’avanzata dei diritti delle persone lesbiche, gay, transessuali, transgender, bisessuali, intersessuali e contro le conquiste del femminismo mentre invece il “genere non è un’ideologia, ma un concetto che ispira un vasto campo di ricerca che si chiama studi di genere, al plurale, non teoria del gender e gli studi di generesono uno sviluppo degli studi femministi che indagano e problematizzano le norme di genere10.

Quindi in questa guida “Chi ha paura del ‘Gender’? Strumenti per una corretta informazione”, la contro-informazione viene veicolata attraverso una precisa narrazione storica e sociologica ed esplicitando cosa siano veramente gli “studi di genere” oltreché un inquadramento degli “interventi educativi di contrasto alle discriminazione di genere in ambito scolastico”.

LA RISPOSTA FORMATIVA

L’ultimo tipo di risposta che vorrei prendere in esame è apparentemente molto semplice e si inspira a quello che chiamerei la volontà all’autoformazione.

Come esempio prendo il lavoro svolto da un collettivo di cui anch’io sono parte, il collettivo intersexioni, e che ospita questo mio scritto. Il collettivo è nato nella primavera del 2013, ad opera di attivist* e studios*, tutti volontari, provenienti da diverse regioni geografiche ed esperienze di vita e lavorative, e si occupa di diritti delle persone intersex, delle minoranze sessuali, di violenza di genere, di intrecci tra sessismo, classismo e razzismo e della questione degli animali altro da umani”.

Occupandosi anche di formazione nelle scuole, il collettivo è stato anch’esso bersaglio dei no-gender e di fronte “alla preoccupante campagna di disinformazione sugli studi di genere e di ingiustificato allarmismo sull’educazione ai sentimenti e alla sessualità nelle scuole, così come sui presunti danni di una fantomatica ‘ideologia del gender’, intersexioni ha raccolto e vi propone alcuni link relativi a documenti e articoli che aiutano a fare chiarezza. Questo è quello che si legge sul sito del collettivo, sito che punta molto sulla qualità dell’informazione.

E’ stata così creata una pagina, “Informazioni sugli studi di genere e l’educazione ai sentimenti e alla sessualità. Gli studi di genere esistono, l’ideologia del gender no!”, dove chi cerca una corretta informazione può trovare i link ad articoli che spiegano chiaramente la differenza tra gli studi di genere e l’invenzione della teoria del gender, la valenza euristica del concetto di genere, la nascita delle false notizie create dai no-gender, la genesi di questo movimento ed i suoi intrecci politici, gli standard dell’educazione sessuale, la lettera della Società Italiane delle Storiche ed altri documenti pertinenti.

In questo modo si è creato uno spazio, sempre in aggiornamento, in cui chiunque voglia può trovare del materiale, raccolto comodamente in una pagina del sito, per autosomministrarsi una informazione corretta e non avvelenarsi.

Note

1 Collettivo intersexioni, OLS-Oltre la Specie, Liberazioni-Rivista di Critica Antispecista. Qui gli Atti della giornata

2 L’intervista di Elena Iannone

3 Cfr. S. Garbagnoli (2014), “L’ideologia del genere: l’irresistibile ascesa di un’invenzione vaticana contro la denaturalizzazione dell’ordine sessuale” in AG About Gender, Rivista internazionale di studi di genere, vol.3, n°6, pp.250-263.

4 Il comitato scientifico di SIPSIS non è stato coinvolto nella valutazione di questa pubblicazione e alcuni componenti hanno saputo dell’esistenza della stessa solo una volta che era già online e diffusa.

5 Per questa parte cfr. il lavoro del Collettivo intersexioni.

6 Cfr.E. Fox Keller (1985/1987), Sul genere e la scienza, Garzanti, Milano, p.194.

7 Qui il comunicato stampa.

8 Guida della Comitata Giordana Bruna, pag. 46.

9 Idem, pag. 33.

10 Idem, pagg. 6-8-10.

Per il sito, editing di Michela Balocchi e Daria Campriani

About The Author

Egon Botteghi

Attivista antispecista e per i diritti GLBTIQ. Fondatore della Fattoria per la Pace Ippoasi (2008-2012). Laureato in filosofia, fa parte del collettivo anarcoqueer femminista antispecista Anguane e della redazione di antispecismo.net; cofondatore di intersexioni, è referente toscano di Rete Genitori Rainbow e referente nazionale per la genitorialità trans. Ha ideato il primo convegno nazionale “Liberazione GENERale. Tavola rotonda sulle correlazioni tra antispecismo, antisessismo, intersessualità e omotransfobia” (Osteria Nuova, Firenze, 2013) volto a mettere in evidenza le interconnessioni tra antispecismo e lotta per le minoranze (per sesso/genere, etnia, identità di genere, orientamenti sessuali).

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