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Il genere negato è quello di ciascuno di noi

 

8901_549299211765671_913776580_ndi Isabella Stretti
Leggo un articolo apparso sul sito di ‘LEGGO’,  segnalatomi con attenzione e sensibilità dall’amica Daniela Domenici.

 

Anzitutto il ‘dramma’, così come viene definito, riguarda il non riconoscersi nel genere assegnato alla nascita su base esclusivamente biologica, spesso solo sulla base dell’aspetto dei genitali esterni. Ma l’identità di genere di una persona è altra cosa. Il dramma che vivono tante persone, perché di un vero dramma si tratta, è però causato esclusivamente da una malattia di cui a soffrirne sono la cultura e la società odierne, non le singole persone. Il nome di questa malattia è transfobia, ma possiamo includere anche la intersexfobia, le quali fondano le loro cause nell’aver arbitrariamente racchiuso la pluralità delle identità personali, quindi la legittima autodeterminazione di ogni singola persona, entro un binarismo di genere, pene/maschio/uomo – vagina/femmina/donna, che non riguarda tutti, ma che tutti vuole omologare.

Proseguo la lettura dell’articolo e leggo che “I cosiddetti disturbi della identità di genere oggi sono più facilmente riconosciuti e le persone sono più consapevoli che può esistere una soluzione al proprio dramma. Tanto che, nell’arco di soli 5 anni, si è registrato un vero ‘boom’ per gli interventi chirurgici per il cambio di sesso, con una richiesta del +25% a livello nazionale. La stima del fenomeno arriva dal direttore generale dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, Aldo Morrone, e l’occasione è un convegno per celebrare proprio i 20 anni d’impegno dell’Azienda Ospedaliera – una delle poche in Italia specializzata in questo tipo di interventi – a favore delle persone transessuali e intersessuali, ovvero i cui cromosomi sessuali non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Il primo dato è, dunque, quello numerico: negli ultimi venti anni, gli interventi di ‘cambio sesso’ eseguiti in Italia (sono 4-5 i centri specializzati sul territorio nazionale) sono circa 1500-2000, di cui 596 al S.Camillo”.
A parte le imprecisioni informative, che tralascio anche se a malincuore, anzitutto occorre nuovamente precisare il plurale della questione: parliamo una buona volta per tutte di ‘transessualismi’ ed ‘intersessualismi’? Usare magari non più i termini clinici e parlare di transgenderismi? Vogliamo per favore fare le dovute distinzioni e tener conto che ogni persona è unica ed irripetibile, degna di rispetto e considerazione riguardo alla singolarità e particolarità che dovrebbe avere tutto il diritto di esprimere e di viversi in libertà? La vogliamo smettere una buona volta di parlare di ‘fenomeno transessuale’ o ‘fenomeno intersessuale’ o di ‘terzo genere’ e porre l’attenzione sul fatto che se oggi se ne parla di più è proprio grazie alla lotta di persone alle quali questo dramma è stato fatto subire, persone che hanno messo e mettono in evidenza che qualcosa si è volutamente messo e si mette a tacere in modi violenti?

Cosa si vuol mettere da sempre a tacere? Che siamo plurali, diversi ciascuno a proprio modo, non etichettabili e categorizzabili.

No, non siamo tutti uguali, non siamo una scatola di Gianduiotti, siamo mondi infiniti, mutevoli, complessi, ciascuno nella propria unicità e personale interpretazione di sé, ciascuno porta in sé il diritto di viversi serenamente. Questo ci accomuna. Non è forse violenza obbligare, perché di obbligo si tratta in Italia, alla RCS (riassegnazione chirurgica di sesso), quando tale riassegnazione non è sentita indispensabile da tutte le persone per avere un riconoscimento legale della propria identità?

Proseguo la lettura e, come al solito, si dice che queste persone hanno un ‘problema’.

Ma il ‘problema’ come lo definisce l’articolo, non è un problema fisico o psichico delle persone di cui stiamo parlando. Il problema lo creano loro la società, la cultura, la morale, la politica, … l’ignoranza … alle quali semmai queste persone fanno il grande regalo di rivelare l’inganno del binarismo di genere al quale ognuno di noi è sottoposto.

E leggo ancora che la richiesta di cambio sesso «è aumentata di circa il 50% negli ultimi anni anche per bambini e neonati: si tratta di piccoli – spiega l’esperto – affetti da disturbi della differenziazione sessuale che si presentano sin dall’età neonatale, con attribuzione incerta del sesso e difetti dello sviluppo sessuale. Ne è colpito circa 1 neonato su 4-5mila». In questi casi, vengono fatte analisi ormonali per capire quale sia la ‘componente sessuale prevalente e, successivamente, su tale base si può optare per l’intervento chirurgico. Negli ultimi 5 anni, sottolinea, «abbiamo eseguito oltre 350 interventi di questo tipo su bambini entro i 6 anni di età». Un servizio importante «per ridare la speranza a tante persone e genitori, ma sul quale – denuncia Morrone – oggi grava un’ombra: il taglio di fondi e, anche, di personale»

Speranza??? 350 bambini e neonati in 5 anni e solo in un ospedale … bambini che vivranno danni collaterali ed irreversibili dovuti alla somministrazione di farmaci pesanti nel periodo della loro crescita, bambini che potrebbero non riconoscersi nel genere loro assegnato da altri, bambini destinati alla sofferenza … per la speranza di chi? Bambini che hanno tutto il diritto in quanto persone di crescere in un mondo che non guarda ai loro genitali per dare loro una definizione, bambini che hanno il diritto di non essere definiti e catalogati, bambini che hanno il sacrosanto diritto di maturare la propria identità di genere al di là delle costrizioni di un mondo di ciechi e sordi che per riconoscersi hanno bisogno di cartelli identificatori prestabiliti nel corpo. Personalità e corpi mutilati la cui voce e fantasia è già inascoltata e negata, come quella di tutti i bambini che incontro catalogati secondo i due soli colori del rosa e del celeste.

Ho tralasciato altre inesattezze dell’articolo … come ad esempio sul numero dei centri ospedalieri o sulla difficoltà e contraddizione dei percorsi psicologici nel nostro Paese.

Un appello al Ministero delle Pari Opportunità? … Vi esorto, formulate percorsi clinici e legali almeno al pari dei Paesi più avanzati in questo ambito e progettate politiche sul genere, sul sesso, sulla coppia, sulla famiglia, di contrasto alla violenza di genere, di formazione, di informazione ecc, partendo dalla presenza di bambini intersessuali … ne avremmo giovamento e serenità per tutti, ciascuno per il genere unico ed irripetibile che vive e sente proprio per esserci in relazione con gli altri. Sopra ogni cosa, lasciate i piccoli venire a noi, non mutilateli per logiche culturali e sociali malate.

isabella_strettiIsabella Stretti è laureata in Teologia alla Facoltà Valdese di Roma con una tesi dal titolo L’incongruenza di genere in Italia. Una proposta pastorale, e si occupa da anni delle tematiche relative all’identità di genere e all’esegesi della pluralità dei linguaggi.

 

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