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Asessualità, non sempre l’amore ha bisogno del sesso

Il Grande Colibrì intervista Lea Vittoria Uva, 26 dicembre 2013

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Alcuni conoscono John Updike solo per la sua celebre frase: “Il sesso è come il denaro: solamente quando è troppo è abbastanza“. Perché, come disse una volta Marilyn Monroe, “il sesso fa parte della natura – e io seguo la natura“. “Il sesso è la sorgente della creatività“, sentenziava il mistico indiano Osho. E il premio Nobel per la letteratura John Steinbeck ha scritto: “Di quale libertà godrebbero uomini e donne, se non fossero continuamente turlupinati e resi schiavi e tormentati dal sesso! Il solo inconveniente di questa libertà è che uno allora non è più un essere umano. E’ un mostro“. Tutte frasi che attirano facile approvazione. Poi scopri Lea Vittoria Uva, un’attivista asessuale. E ti vengono spontanee due riflessioni: 1) è l’esatto contrario del mostro prospettato da Steinbeck; e 2) forse conviene indagare un po’ di più sulla realtà dell’asessualità e sulla presunta e tanto sbandierata “inesorabilità” della sessualità…

Come possiamo definire l’asessualità?

Essere asessuali significa non provare attrazione sessuale verso nessuno. A differenza di ciò che tante persone pensano, non è “la scelta di non fare sesso”, non è il risultato di abusi nell’infanzia, non è dovuta a malattie fisiche o mentali, e non è una cosa “solo da donne”.

Dunque una persona asessuale non ha desiderio sessuale, giusto?

No. Le persone asessuali possono avere una libido, ma non è diretta verso nessuno, e questa è una delle maggiori differenze tra le persone asessuali e le persone “sessuali”.

Una persona asessuale può essere giudicata come “strana”, “anormale”, “malata”, “vittima di un trauma”…

Sì, in generale la gente crede che chi è asessuale (che abbia una libido o no), non sia “normale”. Non è sempre facile spiegare che l’asessualità è normale: per molte persone, desiderare una relazione sessuale è una parte così importante della loro esperienza di vita che non riescono a credere che esistano persone che non provano le stesse emozioni. Per ora, tra i diversi risultati ottenuti da ricerche, il più citato dice che circa l’1% della popolazione è asessuale.

La battaglia di voi attivisti asessuali è quella di spiegare che avete assolutamente niente di “sbagliato” e anche di creare una comunità in cui nessuno si senta più unico che raro…

Nel 2001 l’attivista statunitense David Jay ha fondato l’Asexual Visibility and Education Network (Rete asessuale per la visibilità e l’educazione – AVEN) e dal 2005 c’è anche AVEN Italia, una comunità che ha come obiettivi principali l’educazione sull’asessualità e di essere un posto dove le persone asessuali possano condividere e discutere le proprie esperienze in un ambiente sicuro e protetto dai soliti pregiudizi. AVEN aiuta anche a coordinare i ricercatori e i media che vogliano approfondire la tematica dell’asessualità.

A proposito di ricercatori, la comunità scientifica sta riconoscendo adeguatamente questo orientamento?

Sì, sta dimostrando un grande interesse, soprattutto nei paesi anglofoni dove c’è più visibilità. Anthony F. Bogaert, Lori A. Brotto, Mark A. Carrigan e Kristin Scherrer sono tra i ricercatori più interessati a studiare questo orientamento. Per un elenco completo di ricerche dedicate all’asessualità, suggerisco di consultare asexualexplorations.net.

Eppure esistono ancora psicoterapeuti che considerano l’asessualità una vera e propria malattia…

Sì, tanti “professionisti” sono poco informati e continuano a supportare, anche pubblicamente, la patologizzazione dell’asessualità, così come succede a volte ancora con l’omosessualità, purtroppo. In parole povere, ci sono ancora psicologi e psichiatri che considerano l’asessualità unamalattia: alcuni credono che sia la stessa cosa del Desiderio Sessuale Ipoattivo e/o del Disturbo da Avversione Sessuale.

E qui arriviamo al tema dell’asessualità nel DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, al quale hai dedicato un articolo ricco di interessanti dettagli su intersexioni.it. Potresti farci un veloce riassunto della questione?

Il DSM ha cominciato a fare chiarezza sulla confusione tra asessualità, Desiderio Sessuale Ipoattivo e Disturbo da Avversione Sessuale già nella quarta revisione (DSM IV) del 1994 e anche nell’ultima edizione (DSM V) del 2013. Il Disturbo da Avversione Sessuale è stato rimosso quest’anno perché è utilizzato troppo raramente e non ha ricerca di supporto. Nel paragrafo del Desiderio Sessuale Ipoattivo, invece, era già stato specificato nel 1994 che per essere un disturbo deve causare al paziente notevole disagio e difficoltà. Nel DSM V è stato esplicitamente aggiunto che non dovrebbe essere diagnosticato a persone che si identificano come asessuali.

Come reagiscono di solito parenti, amici e conoscenti quando una persona dimostra di non provare attrazione sessuale verso nessuno?

Le reazioni sono varie. Se una persona non è “out” come asessuale, il più delle volte riceverà pressioni sul perché è single e quando si deciderà a trovarsi un partner, o perché non esce con quella persona lì che mi sembra una brava persona, eccetera. Se è in una relazione e gli amici sentono il partner lamentarsi, magari, di non avere rapporti abbastanza spesso, la persona asessuale quasi sicuramente riceverà pressioni a riguardo, indipendentemente se è “out” o no: le verrà detto che deve soddisfare il partner sessualmente se vuole una relazione soddisfacente, se non vuole essere lasciata o tradita, indipendentemente dai suoi desideri e dalle sue inclinazioni.

E, quando si fa esplicitamente coming out come asessuali, quali sono le reazioni più comuni?

Si va dalla patologizzazione (“Hai sicuramente un problema di salute, magari ormonale!“) all’inferire cause e soluzioni al “problema”: “Sei stato abusato da piccolo“, “E’ solo perché ti sei lasciata con quella persona di recente“, “Devi solo trovare la persona giusta“, “Vieni a letto con me che ti faccio cambiare idea“. E non mancano coloro che direttamente negano la possibilità che una persona sia asessuale: “Sei solo gay, ma non hai il coraggio di ammetterlo“, “L’asessualità non esiste, te lo stai inventando“, “Non è possibile che una persona non provi attrazione per nessuno, stai mentendo“.

Le difficoltà sembrano molte…

Beh, questo tipo di reazioni, ovviamente, crea disagio e sconforto. Generalmente parlando, molte persone asessuali scoprono la loro identità proprio perché notano la loro differenza rispetto alle altre persone, e hanno già paura di essere le sole a sentirsi così, che non ci sia nessuno che le capisca, che ci sia qualcosa che non va in loro. Scoprire l’asessualità e l’esistenza di una comunità spesso dà una sensazione di sollievo difficile da spiegare a parole; fare coming out, dopo, con persone di cui ci si fida, e ricevere risposte come quelle che ho elencato prima, può distruggere questo senso di sollievo e portare la persona asessuale a sentirsi nuovamente a disagio con gli altri, a nascondersi, a fingere ciò che non prova.

Prima accennavi anche alle pressioni che si possono avere riguardo alla vita di coppia… Una persona asessuale può vivere serenamente una relazione romantica con una persona sessuale?

Le persone asessuali hanno gli stessi bisogni emotivi del resto della popolazione: nonostante ci siano individui asessuali che sono anche aromantici, cioè che non provano attrazione romantica, moltissime persone asessuali si identificano come etero, omo, bi o panromantiche e desiderano o vivono relazioni romantiche con altre persone asessuali o sessuali. E la maggior parte delle persone asessuali che hanno una relazione sono con un partner sessuale… In una relazione “mista”, cioè asessuale con sessuale, è facile che ci siano difficoltà dal punto di vista sessuale della relazione, ma ci sono diverse soluzioni, come per ogni “problema”. Credo sia anche importante ricordare che essere asessuali non significa automaticamente non essere attivi sessualmente o non essere disponibili alle richieste di un partner, e che essere sessuali non significa essere schiavi del sesso.

Esistono anche casi di discriminazioni palesi nei confronti di persone asessuali?

La comunità asessuale non ha subito lo stesso tipo di discriminazioni e violenze che le persone gay, lesbiche, trans e intersessuali hanno storicamente sofferto. Detto ciò, le persone asessuali si sentono, generalmente, vicine al movimento LGBTQI, perché anche loro soffrono molto per via dell’eterosessismo presente in società. Come gruppo, sono più invisibili di altri gruppi LGBTQI; come individui si possono sentire ugualmente isolati, soli e spaventati. Molti crescono confusi e preoccupati e si vergognano e negano la loro natura per vivere secondo le aspettative di famiglia e amici. Per questo, come altre persone queer, le persone asessuali sono più propense a soffrire di depressione. Le persone asessuali non hanno un gruppo di supporto a cui rivolgersi, se non online, ma purtroppo pochi lo sanno.

Insomma, ci sono molte esperienze comuni tra asessuali e persone LGBT…

Molti asessuali hanno subito bullismo e violenze omofobiche, perché generalmente, se una persona non è attratta dal sesso opposto, viene automaticamente classificata come gay. Le donne asessuali a volte ricevono minacce di “stupro correttivo” per farle “tornare etero”, come succede anche alle donne lesbiche. Infine, ovviamente, molte persone asessuali sono trans o romanticamente attratte dallo stesso sesso: sondaggi indicano che solo circa il 30% degli asessuali si identifica come eteroromantico e che la comunità asessuale ha una percentuale di persone trans e genderqueer più elevata rispetto al resto della popolazione.

Nella nostra società il sesso e la sua rappresentazione conquistano sempre più un ruolo centrale e pubblico, diventando “una parte della vita quotidiana”, come ha spiegato entusiasticamente Kevin Clarke a ilgrandecolibri.com, per il quale questo fenomeno significa liberazione e superamento del perbenismo. Ma lo sviluppo di una “società pornografica” causa più problemi alle persone asessuali?

Rispetto alle persone sessuali, le persone asessuali hanno, in media, più difficoltà a relazionarsi a una società sesso-centrica: i media sono sempre più sessualizzati e gli asessuali possono provare indifferenza, repulsione e/o un sentimento di alienazione. Ma non sono solo le rappresentazioni mediatiche, la cultura è influenzata da questa “sessocrazia” più profondamente.

Ad esempio, la società occidentale odierna, diversamente da altri tempi e da altre culture, sembra mettere il sesso come elemento decisivo di differenziazione tra un rapporto di amicizia e una relazione romantica, anche se fa questo in un modo contraddittorio, considerando che per molti è normale pensare a relazioni di amicizia dove il sesso è incluso, ma non concepiscono una relazione romantica dove il sesso è escluso o non importante. Una persona che desidera avere una relazione romantica, e ammette che preferirebbe se non ci fosse sesso, riceve risposte che sono un misto tra derisioni e “allora vuoi solo amicizie”.

Questo non ha tanto a che fare con il superamento del perbenismo, quanto con, semplicemente, uno spostamento di focus su quali atteggiamenti e valori sono rivestiti di maggiore importanza oggi. Il romanticismo e l’amore, oggi, sembrano essere indissolubilmente legati al sesso per la maggioranza delle persone.

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