Spunti dalle prime manifestazioni contro le mutilazioni genitali su corpi intersex in Italia
Spunti dalle prime manifestazioni contro le mutilazioni genitali su corpi intersex in ItaliaÂ
di Nicole Braida
Dal 19 al 22 settembre si sono tenute a Milano le prime manifestazioni in Italia contro le mutilazioni genitali su bambin* con corpi intersessuali, organizzate dall’associazione svizzera Zwischengeschlecht in occasione del IX Convegno mondiale di endocrinologia pediatrica.
La serata precedente all’inizio delle manifestazioni (il 18) abbiamo conosciuto Daniela Truffer e Markus Bauer presso Zam di Milano, dove hanno presentato la loro associazione ed esposto le ragioni delle manifestazioni pacifiche che portano avanti da circa sei anni. I loro obiettivi principali sono rendere le operazioni di chirurgia cosmetica genitale sgradite ai medici e arrivare a proibire legalmente la chirurgia genitale sui/sulle bambin* con anatomia sessuale atipica. Hanno precisato che il loro gruppo non intende intrattenere rapporti “gentili†con i medici mutilatori al riparo di quattro pareti e non intende essere usato come foglia di fico da parte della classe medica. Vogliono, insomma, continuare a manifestare pacificamente ma senza cercare compromessi con la classe medica, fino a che le mutilazioni non cesseranno di essere eseguite definitivamente.
La definizione stessa di “intersessualità †è controversa, ma se s’intende nel suo senso più ampio, essa comprende tutti i casi di anatomia sessuale atipica e/o “ambigua†a tre possibili livelli: genetico, ormonale e/o fenotipico. Attualmente, non è chiaro nemmeno il numero effettivo di persone con corpi considerati sessualmente atipici, perché non esistono statistiche serie e ufficiali ma soltanto estrapolazioni di dati. Si va da una stima di 1: 5-10000 fino a una stima di 1: 1000.
L’associazione ritiene che la comunanza più forte tra persone che nascono con anatomia sessuale atipica sia l’essere state sottoposte a trattamenti medici forzati. È da circa 20 anni, infatti, che persone intersessuali in tutto il mondo hanno preso parola contro la classe medica per svelare tutto ciò che non era andato a buon fine nel processo di “normalizzazione†messo in atto sui loro corpi. Hanno messo in luce, soprattutto, le conseguenze negative della chirurgia genitale precoce e l’irreversibilità degli interventi, che ostacolano il diritto all’autodeterminazione dell’individuo e il diritto a una vita sessuale soddisfacente. Inoltre, hanno denunciato le conseguenze psicologiche degli interventi, causate dai continui esami e dalle operazioni ripetute ai genitali, vissute, secondo le testimonianze di molte persone, come veri e propri traumi.
Sebbene queste critiche abbiano costretto i medici a rivedere in parte i loro protocolli, ancora oggi una parte di specialisti continua a consigliare gli interventi chirurgici ai genitori. I medici sostengono di agire per il bene futuro del/della paziente, adeguando il suo corpo a quello che viene considerato lo standard per un maschio o una femmina con il fine di evitarne la stigmatizzazione. Ma la perpetuazione di questo meccanismo dà il via ad un circolo vizioso, per cui il corpo che si discosta dalla media viene percepito come emergenza sociale e “normalizzato” e, di conseguenza, rimane nell’invisibilità , perpetuando lo stesso meccanismo (e le stesse sofferenze) all’infinito.
Ovviamente, per quanto riguarda gli/le endocrinolog* pediatr*, ess* non sono i/le dirett* responsabili delle mutilazioni, ma essendo una figura chiave (spesso la più importante) all’interno dell’èquipe che si occupa di questo tipo di condizioni, hanno notevoli responsabilità per quanto riguarda la comunicazione con i genitori e, in generale, per la gestione del/della paziente.
La serata trascorsa in compagnia di Daniela e Markus è stata anche occasione di riflessione per tutti noi che ci siamo avvicinati alla materia attraverso un percorso di attivismo e/o studio in ambito femminista/LGBT/queer. L’associazione, infatti, ha messo in luce come l’utilizzo della tematica intersex come materiale per decostruire la nozione binaria di sesso possa essere fonte di potenziali conflitti di interessi. In passato, per esempio, si sono create situazioni in cui le persone intersessuali si sono sentite strumentalizzate e “colonizzate†dal movimento LGBT. Il rischio, sempre in agguato, è quello di idealizzare la figura dell’intersessuale come figura che rompe il sistema binario, trascurando i problemi autentici di queste persone: le mutilazioni genitali e le pratiche di medicalizzazione forzata in primis. L’associazione, perciò, ha messo in chiaro che la loro priorità assoluta è mettere fine alle mutilazioni genitali da subito, senza attendere l’abolizione del genere e/o del binarismo sessuale. Questo anche perché, per esempio, molte persone nate con una condizione di questo tipo non s’identificano come intersessuali, proprio a causa dello stigma annesso al termine.
Gli/le attivist* svizzer* hanno anche specificato di non vedere di buon occhio la legge tedesca che ha introdotto la possibilità di lasciare in bianco il sesso del/della neonat*. Secondo loro, la legge imporrebbe, in realtà , l’outing forzato, aumentando potenzialmente la percezione di emergenza e la conseguente corsa alla normalizzazione attraverso gli interventi chirurgici. Al contrario, la legge svizzera, pur mantenendo l’assegnazione del sesso alla nascita, rende più agevoli le procedure per poterlo cambiare in seguito.
Nei giorni successivi, noi di intersexioni, così come altre associazioni, gruppi e singol* studios*, abbiamo cercato di far tesoro delle riflessioni di Daniela e Markus, appoggiandoli silenziosamente ma convintamente durante le diverse tappe della loro battaglia pacifica. I picchettaggi si sono tenuti davanti alle sedi del Convegno e di diverse sedi universitarie, con la consegna simbolica di lettere aperte ai/alle partecipanti al Convegno e ai rettori universitari.
Speriamo che l’occasione serva come spinta propulsiva su due fronti: da una parte per una maggior visibilità della problematica, soprattutto in Italia, e, dall’altra, come spunto di riflessione per attivist* e studios*, con l’invito a porsi davvero in ascolto, ripartendo dalle autentiche e legittime richieste dei soggetti, anche di coloro i quali (e sono molti), pur essendo nati con anatomia sessuale ambigua, non identificano se stess* come intersessuali.
Nicole Braida