Disabilità e sessualità, in Italia sono ancora un tabù
di Alessandro Frezzato su Agenzia Radicale 11 Settembre 2013
Ancora oggi, quando le istituzioni e le stesse associazioni che si occupano di disabilità affrontano esclusivamente questioni sacrosante quali il diritto al lavoro e all’istruzione, l’ assistenza domiciliare, l’abbattimento delle barriere architettoniche ecc, tralasciano un aspetto altrettanto cruciale per la vita di ciascun in individuo.
Mi voglio riferire al diritto estremamente importante ad avere una vita sessuale e affettiva propria, anche per le persone con disabilità, le quali troppo spesso si trovano nella situazione di non avere la possibilità di avere delle relazioni sessuali e affettive e/o sono costrette, per quanto riguarda i rapporti di tipo sessuale, a rivolgersi al settore sommerso e non regolamentato (nel nostro paese e in altri) della prostituzione.
Purtroppo ancora oggi è diffuso il preconcetto, soprattutto in Italia, che i disabili sono come “asessuati”, idea che hanno anche certi genitori degli stessi disabili, che non li supportano sotto questo delicato aspetto dell’esistenza di tutti gli individui, per svariati motivi.
Tale seria problematica nel nostro paese è ancora un tabù, mentre invece in civilissimi paesi come la Germania, l’Olanda e la Svizzera non lo è per nulla e lo dimostra il fatto che lì hanno da alcuni anni istituito la figura professionale degli assistenti sessuali, che aiutano le persone disabili ad avere delle esperienze di tipo erotico.
Ovviamente la regolamentazione della prostituzione e della figura professionale dell’assistente sessuale è di aiuto alle persone con disabilità che non hanno nessun altro modo per poter esprimersi sessualmente, ma è anche necessario a mio avviso, e lo dico con grande consapevolezza in quanto affetto da distrofia muscolare, fare una battaglia culturale contro ogni forma di pregiudizio e timore nei confronti del corpo degli uomini e delle donne disabili, auspicando così in un futuro in cui si vedranno passeggiare mano nella mano persone disabili con la stessa frequenza di quelle “normodotate”.