La prostituzione come lavoro
pubblicato in ingenere il 7 Maggio 2010
Proibizione o libertà ? Un contributo al dibattito che parte del punto di vista delle persone che si prostituiscono e che fanno attività politico/sindacale. Cosa dicono, quali diritti rivendicano e come interrogano i pregiudizi e le abitudini
La questione della prostituzione e del lavoro sessuale provoca grandi passioni e conflitti in chi ha a cuore la giustizia sociale. Per chi non è disposto ad accettare semplificazioni del tipo “la prostituzione è violenza”, o “la prostituzione è un lavoro come un altro”, non è facile avere direzioni per orientarsi su cosa pensare e perché. Il campo della prostituzione è caratterizzato da una fortissima cristallizzazione di potere, si pensi per esempio al fatto che, mentre qui si ragiona, chi vende sesso è per lo più esclusa-o da ogni dibattito sull’industria in cui, bene o male, lavora, e vive una vita da criminale o semi tale. In questa situazione, per produrre conoscenza che sia diversa dagli stereotipi in circolazione, chi studia i fenomeni sociali ed economici deve necessariamente procedere con cautela. Operazione questa un po’ noiosa per chi di noi è abituato ad occuparsi di policies, e sicuramente faticosa, perché, come dice Daniela Danna nel suo contributo a questo dibattito, i nostri “investimenti” (materiali in senso ampio) nella prostituzione sono spesso parecchio dolorosi, come donne, ma anche, per alcune-i, come persone “etnicizzate”, cioè subordinate lungo una linea di appartenenza etnica, razziale, nazionale o religiosa, o come persone queer (gay, lesbiche, bisessuali, transgender).
Perché le-i sex workers sono per lo più donne, o queers, o persone etnicizzate, che servono uomini o persone più “bianche” o più etero di loro, e perché, quando così non è, non sembrano essere stigmatizzate-i nello stesso modo?
Perché e quando alcune-i sex workers si dicono orgogliose-i di ciò che fanno?
Perché le-i sex workers sono così sistematicamente stigmatizzate-i nonostante siano fra loro così diverse-i, in particolare per classe socio-economica, luogo di lavoro, eccetera?
Ovunque andavo, ho sempre avuto la netta sensazione che ciò che i maschi volevano in ogni caso era scoparti, quindi ho pensato perché non farsi pagare invece che sentirsi molestata?
(Teresa, comunicazione personale, Londra, 2007)
Come ragazzo marocchino arrivato in Francia, sarei dovuto diventare un delinquente di strada. Lavorando come prostituto almeno evito di distruggermi, e in più faccio i soldi sugli uomini francesi che si fanno i viaggi ch’io sia davvero un gangster!
(Adam, comunicazione personale, Bruxelles, 2005, trad. mia ). Da altre-i attiviste-i, poi, il sesso commerciale è visto come una pratica che, potenzialmente, può essere socialmente creativa e perciò, ancora una volta, viene particolarmente stigmatizzata. Rispetto ad altri incontri con persone “normali”, specialmente nel sesso non pagato, essa può diventare uno spazio di incontri diversi e interessanti. Forti in questo senso sono le parole della famosa poetessa e prostituta svizzera Grisélidis Réal:La Prostituzione è un’ Arte, un Umanesimo e una Scienza. (…) Il corpo umano abitato dall’anima è uno strumento musicale, la sessualità il suo archetto. Con delicatezza e violenza, vibra, e raggiunge picchi di voluttà ed estasi. La sola Prostituzione autentica è quella delle grandi artiste tecniche e perfezioniste che praticano quest’artigianato particolare con intelligenza, rispetto, immaginazione, cuore, esperienza e volontariamente, per una sorta di vocazione innata: vere professioniste, coscienti del loro potere e dei loro limiti, che sanno mettersi nella pelle dell’altro, scoprire che cosa si aspetta, la sua angoscia, il suo desiderio, e come liberarlo da questi, senza provocare danno né per loro stesse, né per lui.
(Réal, 2005b, 8, trad. mia )
Questi messaggi che le-gli attiviste-i ci mandano, è chiaro, assumono il proprio senso data la realtà di subordinazione e dipendenza delle donne, e più in generale degli “anormali”, e dato il carico di responsabilità sproporzionato che queste-i portano non solo nella sfera del sesso ma anche più in generale nella sfera interattiva che è così importante nella costituzione dell’identità , sia essa stigmatizzata o normale. Cosa fondamentale, le-gli attiviste-i entrano nel merito di come promuovere le pratiche di resistenza che effettivamente, e nonostante il forte stigma, esistono nell’industria del sesso: per esempio ci parlano dell’importanza di poter dire no a (exit) qualunque pratica sessuale, a qualunque cliente, e di poter stabilire le “regole del gioco”. E chiedono che si pensi ad interventi legislativi, culturali, politici, che rafforzino il potere relativo di chi lavora: la sicurezza, il controllo, la salute, la pensione, la mobilità , la creatività , invece di ridurlo come si fa con tutte le forme di criminalizzazione, sia essa delle-i migranti, dei clienti, o dell’industria tutta (vedi il “Manifesto delle-i sex workers in Europa”(2) e la “Dichiarazione dei diritti delle-dei sex workers in Europa” ). Infine ci impongono di chiederci chi, anche fra le donne, tragga vantaggio, e che vantaggio miope sia, dal fatto che le-i sex workers vedano diminuire il proprio potere relativo.
Note
(1) ‘The Political Economy of Sex Work in Europe’, University of East London, School of Social Sciences (Novembre 2009). La ricerca si è basata, tra l’altro, su anni di osservazione partecipante come attivista dell’International Union of Sex Workers, di x:talk (2004-2008), dell’International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe  (2003-2007), di cui facevano e fanno parte, in Italia, anche il Comitato per i diritti civili delle prostitute  e il MIT (Movimento Identità Transessuale)
(2) Scritti in inglese, e tradotti in molte lingue, si trovano su www.sexworkeurope.org.
Bibliografia
Bernstein, Elizabeth: 2009, ‘Temporaneamente tua. Intimità , autencità e commercio del sesso‘ Odoya, Bologna
Pheterson, Gail (ed.): 1989, ‘A Vindication of the Rights of Whores: The International Movements for Prostitutes’ Rights, Seal, Seattle
1996, ‘The Prostitution Prism‘, Amsterdam University Press, Amsterdam
Réal, Grisélidis: 2005, ‘Carnet de bal d’une courtisane‘, Editions Verticales/Le Seuil, Paris
Tabet, Paola: 1989, ‘I denti della prostituta. Scambio, negoziazione, scelta nei rapporti sessuo-economici’, in DWF, n.10/11
2004, ‘La Grande Beffa. Sessualità delle donne e scambio sessuo-economico’, Rubbettino, Soveria Mannelli
Il dibattito su inGenere.it:
Daniela Danna “Il tappeto svedese sulla prostituzione”
Chiara Valentini “Punire il cliente. La strada svedese”
Maria Rosa Cutrufelli “Com’è cambiato il mercato delle donne”